

Vasilij Vasil'evič Vereščagin
RU
137
Opere
1842 - 1904
Periodo di attività
Biografia dell'Artista
Vasilij Vasil'evič Vereščagin (1842–1904) è stato un artista, soldato e viaggiatore russo d'avanguardia, rinomato per il suo realismo inflessibile e la sua profonda critica della guerra. Abbandonando la glorificazione tradizionale, Vereščagin dedicò la sua vita a rappresentare la verità brutale e senza veli del conflitto, guadagnandosi una candidatura per il primo Premio Nobel per la pace nel 1901 per i suoi sforzi. Le sue opere, celebrate e censurate, cambiarono radicalmente il genere della pittura di battaglia, fondendolo con un potente messaggio umanitario e pacifista.
Nato in una nobile famiglia di proprietari terrieri a Cherepovets, in Russia, Vereščagin era destinato a una carriera militare. Frequentò il Corpo dei Cadetti di Alessandro e si diplomò primo della sua classe al Corpo dei Cadetti Navali di San Pietroburgo. Tuttavia, la sua passione per l'arte si dimostrò più forte dei suoi obblighi militari. Si dimise prontamente dal suo incarico per iscriversi all'Accademia Imperiale delle Arti. Disilluso dal rigido sistema accademico, studiò in seguito a Parigi sotto il famoso orientalista Jean-Léon Gérôme, ma presto si distaccò dai metodi romantici del suo maestro. Vereščagin cercava l'autenticità, un ideale condiviso dal movimento realista russo contemporaneo, i Peredvižniki (Gli Itineranti), che influenzarono profondamente il suo impegno nel ritrarre temi genuini e autoctoni.
L'arte di Vereščagin divenne inestricabilmente legata alle sue esperienze di soldato e viaggiatore. Nel 1867, si unì alla spedizione militare del generale Kaufman in Turkestan (Asia centrale). Non fu un'osservazione distaccata; partecipò attivamente ai combattimenti, in particolare durante l'assedio di Samarcanda, dove il suo eroismo gli valse la Croce di San Giorgio, la più alta decorazione militare russa. Questi incontri diretti con gli orrori della guerra consolidarono la sua missione artistica: dipingere la guerra "così com'è realmente". La risultante "Serie del Turkestan" fu una rivelazione, una collezione di studi etnografici e scene di battaglia che sconvolse il pubblico con i suoi dettagli grafici e il suo umanesimo, in netto contrasto con le tele eroiche dell'epoca.
La sua opera più iconica, "L'apoteosi della guerra" (1871), raffigura una piramide di teschi su uno sfondo desolato, dedicata "a tutti i conquistatori, passati, presenti e futuri". Questo dipinto divenne un simbolo universale contro la guerra. Le sue serie sulla guerra russo-turca (1877-78), dove fu gravemente ferito, e sull'invasione napoleonica del 1812, cementarono ulteriormente la sua reputazione. I suoi crudi ritratti erano così potenti che le autorità militari di tutta Europa, comprese Russia e Germania, proibirono ai soldati di vedere le sue mostre, temendo che le opere li demoralizzassero. Vereščagin rispose notoriamente offrendo l'ingresso gratuito ai soldati.
Viaggiatore instancabile, Vereščagin si avventurò anche sull'Himalaya, nell'India britannica, in Siria e in Palestina, producendo un vasto corpus di opere orientaliste. A differenza dei suoi omologhi europei, evitò la fantasia romantica, documentando invece la vita quotidiana, le culture e le meraviglie architettoniche con un realismo meticoloso e critico. La sua "Serie Palestinese" suscitò polemiche per la sua rappresentazione storica e non idealizzata di Gesù e altre figure bibliche, portando alla condanna clericale. Nei suoi ultimi anni, lavorò a una grande serie sulla disastrosa campagna di Napoleone in Russia del 1812, una collezione che il governo zarista, a lungo critico del suo lavoro, acquistò finalmente nel 1902.
La vita avventurosa di Vereščagin ebbe una tragica fine nel 1904 durante la guerra russo-giapponese. Si trovava a bordo della nave ammiraglia *Petropavlovsk* quando urtò una mina e affondò, uccidendo lui e l'ammiraglio Stepan Makarov. Testimoni oculari riferirono che Vereščagin trascorse i suoi ultimi istanti a disegnare il caos, una testimonianza della sua dedizione di una vita a testimoniare. Rimane uno dei più importanti artisti di guerra della storia, un uomo che ha impugnato il pennello non per celebrare il potere, ma per svelare il profondo costo umano del conflitto.